Grazie Ragazzi! Buona la Seconda!
1 Luglio 2020E’ arrivata la felpa Gianesini
19 Novembre 2020di Filippo Pacchiega
E’ noto a molti appassionati di calcio che conoscere l’origine esatta dei colori delle maglie delle squadre non è sempre questione di semplice soluzione.
Uno dei casi più citati in tal senso è quello della mitica maglia viola della Fiorentina. Alla fondazione della società, nel 1926, i colori erano infatti il bianco-rosso, rispettivamente in uso alle società dalla cui fusione nacque appunto la società fiorentina. La leggenda vuole che un cattivo bucato stinse le maglie dando origine, tre anni più tardi, al “viola” che noi tutti conosciamo.
Tutti i tifosi della Juventus sanno che l’iniziale colore scelto dai fondatori fu il rosa e che tale rimase fino a quando, nel 1903, il nuovo fornitore delle magliette, una società inglese di Nottingham, non avendo ricevuto istruzioni sul colore, inviò a Torino le maglie a strisce bianconere in uso presso la locale società, dando così il via alla leggenda della zebra.
Questa generazione a tappe progressive dei colori sociali toccò in sorte anche da altre squadre tuttora militanti in serie A, come il Genoa, l’Atalanta e il Chievo.
Essendo, chi scrive, da ormai vent’anni dentro al “gorgo” giallo verde in qualità di allenatore, la passione e la curiosità per i colori gialloverdi è cresciuta nel tempo. E quindi è nata la voglia di vederci un po’ più chiaro: quale fu l’origine dei nostri amati colori sociali?
Cominciamo col dire che il bicolore gialloverde non è mai stato molto in voga nel calcio nazionale, basti pensare che nelle attuali 266 squadre che compongono i primi 4 campionati nazionali (A, B, C e D) nessuna veste la livrea gialloverde. Sfogliando almanacchi e album, alla caccia di cugini cromatici, ho trovato che nello scorso campionato di serie D solamente il siciliano Palazzolo e l’anno prima, in serie C, la potentina Melfi vestivano i nostri colori. All’estero va un po’ meglio, il Nantes in Francia e il Norwich in Inghilterra, sono esempi di squadre europee di primo livello che tengono alta la bandiera dei nostri colori. E poi c’è il Brasile con la sua bandiera Auriverde (verde-oro), con il cielo blu e le stelle di Rio de Janeiro e la frase “Ordem e Progresso”. Simbolicamente il verde rappresenta la foresta amazzonica e il giallo il colore dell’oro, di cui il Brasile era molto ricco. Nella realtà, l’attuale bandiera è ispirata alla vecchia bandiera imperiale brasiliana: il verde rappresenta la famiglia reale Braganza di Pedro I, primo imperatore del Brasile; il giallo invece rappresenta la Casa d’Asburgo della moglie di Pedro I, Leopoldina. Ma non andiamo troppo lontano…
Tornando a noi, resta il fatto che la scelta dei nostri fondatori – un gruppo di ragazzi che nel 1949 per onorare un amico prematuramente scomparso l’anno prima, vollero intitolargli il nuovo gruppo sportivo della parrocchia San Giuseppe – fu in definitiva quanto mai originale. Purtroppo, e qui ho trovato la prima vera difficoltà della mia microricerca, non è stato possibile rinvenire, se mai esistesse, lo statuto fondativo della società Gianesini. Testimoni viventi di quella nascita non sembrano essere sopravvissuti e nemmeno è rintracciabile qualcuno che abbia potuto conservare memoria di quella scelta.
Il decano della Gianesini, Gigi Brombin, mi dice di essere sicuro che le prime squadre Gianesini di pallacanestro, che negli anni ’60 ottennero risultati strabilianti a livello nazionale, indossavano una tenuta completamente verde con i bordi gialli, ma sul motivo della scelta dobbiamo ammettere che non sappiamo nulla. Supportato da Don Enrico, che ho scoperto essere un amante della storia in generale (lui dice che un buon prete dovrebbe sapere che la salvezza è innanzitutto ‘storia di salvezza’, ma qui divaghiamo…), ho potuto sbirciare una bella dose di bollettini parrocchiali, nonché il registro della parrocchia stessa, alla caccia di qualche indizio o prova definitiva.
La Gianesini affiora più nelle comunicazioni religiose e sociali della storia di San Giuseppe: si nominano e trascrivono attività organizzative, partecipazioni a campionati locali e non, risultati di partite, e persino il buon esito di ritiri precampionato fin dagli anni ’50, ma sui colori nulla.
Un po’ affranto ho avuto però un’ultima intuizione che, dico subito, non ha risolto il mistero ma può servirci come una sorta di suggestione.
Intorno agli anni ’70 si formarono a Padova i consigli di quartiere (oggi rimpiazzati dalle neonate consulte), per facilitare il decentramento della gestione amministrativa e politica della città. La parrocchia di San Giuseppe, e la Gianesini quindi, furono inizialmente inglobate nel quartiere Savonarola, e dopo una serie di accorpamenti fecero parte del consiglio di quartiere numero 5 sud-Ovest, denominato Savonarola-Armistizio. Nel 2000 il quartiere si dotò di uno stemma, che riporto in figura, dove appaiono ‘magicamente’ i colori gialloverdi.
Come detto è solo una suggestione, ma se ci aggiungiamo il fatto che anche un altro “vecchio” quartiere di quegli anni, il Brentella, confinante con l’allora quartiere Savonarola, scelse uno stemma giallo-verde (che a dire del ricercatore araldico Giancarlo Scarpitta fu ispirato al giallo dei campi e al verde del canale che solcava la campagna dell’epoca), beh, insomma, possiamo dire che i colori gialloverdi fossero proprio nell’aria, dalle parti di San Giuseppe.
Chissà se i fondatori della Gianesini respiravano quell’aria gialloverde, forse no.
Forse in effetti l’aria non ha cromìe così sgargianti, ma resta il fatto che quei diciottenni del ‘49 un’aria colorata l’hanno fatta nascere e dopo 70 anni, scomparsi gli stemmi rionali e anche un bel po’ dei campi verdi e gialli che circondavano la parrocchia (e da cui fu ricavato il campo da calcio dove ci alleniamo e giochiamo ancora oggi), quell’aria ancora la respiriamo e la portiamo addosso ogni domenica.